Libertà di informazione, l’Italia migliora ma restano “intimidazioni”. Rsf punta il dito su Grillo

PARIGI – Balzo in avanti dell’Italia nella classifica annuale di Reporters sans Frontieres sulla libertà di stampa: il nostro Paese guadagna 25 posizioni nella classifica mondiale passando dal 77mo al 52mo posto. Un balzo in avanti dovuto anche “all’assoluzione di diversi giornalisti, tra cui i due che sono stati processati nel caso Vatileaks”.

L’organizzazione che vigila sullo stato della libertà di informazione rileva tuttavia che in Italia permangono “intimidazioni verbali o fisiche, provocazioni e minacce”, e “pressioni di gruppi mafiosi e organizzazioni criminali”. Con sei giornalisti che vivono 24 ore su 24 sotto scorta della polizia. Tra i problemi indicati dal rapporto anche l’effetto di “responsabili politici come Beppe Grillo che non esitano a comunicare pubblicamente l’identità dei giornalisti che danno loro fastidio”. E dunque, cade l’alibi del leader dei cinquestelle che, per attaccare i giornalisti, cita spesso la pessima classifica del nostro paese sullo stato della libertà di stampa. Quest’anno viene detto chiaramente che uno dei responsabili di ciò è anche il capo degli M5s. E ancora: “Sotto la pressione dei politici, spesso i giornalisti italiani optano per l’auto-censura”.

Su scala internazionale, la situazione resta pesantissima: “Mai la libertà di stampa è stata così minacciata”, così sancisce Rsf. Nel mirino fake news, repressione, “uomini forti come Trump e Erdogan”.

La situazione viene definita “difficile” o “molto grave” in 72 paesi, fra cui Cina, Russia, India, quasi tutto il Medio Oriente, l’Asia centrale e l’America centrale, oltre che in due terzi dell’Africa. Ventuno i paesi classificati come “neri”, in cui la situazione della libertà di stampa è “molto grave”: fra questi Burundi (160), Egitto (161) e Bahrein (164).

La Polonia di Jaroslaw Kaczynski che ha cercato di zittire numerosi organi di stampa indipendenti critici sulle sue riforme, ha perso sette posizioni nella classifica 2017, ora è al 54° posto. L’ Ungheria di Viktor Orbán peggiora ancora, è slittata al 71° posto.

Ultima assoluta, come negli ultimi anni, al 180° posto, la Corea del Nord, preceduta da Turkmenistan ed Eritrea. Male anche Messico (147) e Turchia (155). Nel paese guidato col pugno di ferro di Erdogan “si vive in una spirale repressiva senza precedenti in nome della lotta contro il terrorismo. Lo stato di emergenza consente alle autorità di liquidare il tratto di penna decine di mezzi di comunicazione, riducendo il pluralismo in pochi giornali a scarsa circolazione. Decine di giornalisti sono arrestati senza processo, rendendo la Turchia la più grande prigione al mondo per i professionisti dei media”, così Rsf.

In testa alla classifica restano sempre i paesi del Nord Europa, ma la Finlandia cede il primo posto che deteneva da 6 anni alla Norvegia, a causa di “pressioni politiche e conflitti d’interesse”.

 

Fonte: Repubblica.it

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