È ancora ‘Blade Runner’. Gosling: “Negli anni Ottanta folgorato da quell’incubo romantico”

LOS ANGELES – “Happy Birthday”. Nel trailer di Blade Runner 2049 è il (presunto) replicante tribale Jared Leto a darci il benvenuto nella nuova era dei cacciatori di androidi, una colonia di uomini e donne fabbricati come forza lavoro sacrificabile. E se pensavamo di aver capito tutto del film di Ridley Scott – uscito in Italia nell’ottobre dell’82, seguito da un director’s cut in laserdisc e VHS nel ’93, e un final cut di 117 minuti (l’edizione con la scena del sogno dell’unicorno, quella che proverebbe il lato replicante del poliziotto Rick Deckard) – ci sbagliavamo. “La storia non è finita”, dice un personaggio del nuovo Blade Runner. “Manca ancora una pagina”. La più impenetrabile. Quella che tormenta l’Agente K (Ryan Gosling) costretto a richiamare in servizio l’esiliato Deckard (Harrison Ford) per porgli alcune domande, e a vedersela con altri, misteriosi personaggi. Nel cast, l’attrice cubana Ana De Armas, Robin Wright di House of Cards, il guardiano della galassia Dave Bautista, l’olandese Sylvia Hoeks, il Joker di Suicide Squad Jared Leto e il somalo Barkhad Abdi. Chi tra loro non è umano?
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Trent’anni dopo gli eventi narrati nel primo Blade Runner, ambientato nel 2019, il regista franco-canaedese Denis Villeneuve mette l’acceleratore all’aerocar della polizia di L.A., la mitica Spinner ‘copiata’ in seguito da Luc Besson ne Il quinto elemento, e ci porta in un universo ancora più dark del primo. “Merito del direttore della fotografia Roger Deakins, un onore vederlo al lavoro in maniera libera e selvaggia! ci dice Villeneuve, ora alle prese con un reboot pericoloso, Dune, il passo falso di David Lynch. “Non sono un filmmaker che schiva le sfide, io mi butto” sorride. “La fantascienza è un genere che tutti i registi – dentro e fuori Hollywood – intendono esplorare. La considerano un punto di arrivo. Se non ti prendi dei rischi in questo mestiere, perdi ispirazione e contatto con la realtà. Mi sono sempre sentito in dovere di rappresentare ciò che mi circonda, sia che si tratti di una dimensione distopica sia che parli di cartelli messicani (Sicario). Il set di Blade Runner è speciale: mi porterò dietro un ricordo al giorno”.
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Subito a margine di un evento “live” su Facebook, incontriamo Gosling, Ford e Villeneuve a Playa Vista, una comunità urbana a ovest di Los Angeles County, lungo la Silicon Beach dominata dalle startup hi-tech che si estendono da Santa Monica a Venice. Su un maxischermo di 300 mq scorrono intanto le immagini di Blade Runner 2049, al cinema dal 5 ottobre distribuito da Warner Bros. Il runner di nuova generazione, Ryan Gosling, indossa una giacca e sotto una t-shirt anni Ottanta, stile Arcade, in omaggio a Ridley Scott: “Blade Runner ha reso i miei anni Ottanta surreali ma le auto, le costruzioni artigianali, le luci al neon e i costumi hanno fatto credere a tutti che quel mondo parallelo fosse possibile, che fosse già qui. Quello che lo spettatore ricorderà, dopo la visione, è l’impiego di tecnologia ed effetti speciali, qualcosa che ha incantato persino me prima di ogni ciak. E c’è un discorso molto più ampio sull’etica della scienza; esploreremo l’empatia dei replicanti, il valore dell’essere umano. Ero giovane quando vidi il lavoro di Ridley Scott per la prima volta: avevo davanti un futuro da incubo e al tempo stesso romantico, non sapevo come sentirmi a proiezione finita: ero triste oppure eccitato di diventare un adulto? Ancora oggi non ho risposte”.

FotoÈ ancora ‘Blade Runner’. Gosling: “Negli anni Ottanta folgorato da quell’incubo romantico”
Dopo aver rivisitato Indiana Jones e Han Solo, fa sapere Ford, “ritornare a Deckard mi ha fatto sentire grato. Era giusto far passare del tempo. Nel 2019 il mio personaggio aveva il compito di dare la caccia a quattro replicanti corrotti, lasciando lo spettatore nel dubbio che anche lui fosse un androide dalle fattezze umane. Io e Ridley Scott abbiamo dibattuto a lungo su un possibile ritorno di Deckard, insieme allo sceneggiatore Hampton Fancher. Alla fine, Denis ha esposto una sua teoria sui replicanti e la specie umana, e le cose hanno cominciato a prendere vita, con Scott come produttore esecutivo”. Sono proprio i protagonisti, Ford e Gosling, a scortarci tra gli storyboard del film, affiancati da una clip pre-montata con la color correction. In ogni scena sta scritto un appunto: “Atmosfera pesante”. Il primo sketch è quello malinconico in cui Gosling percorre il Bibi’s Market notturno e pieno di freaks, sotto le gambe scintillanti di due ballerine-giganti, in forma di ologramma, poi si fa avanti un esterno freddo dagli edifici bombati – ricostruito a Budapest – fuori dall’appartamento di K, sotto una pioggia vulcanica che ricorda il cielo del World Trade Center l’11 settembre. A margine di quasi ogni bozzetto off-world, Villeneuve ha lasciato un’indicazione: “Tutte le razze, mix di linguaggi”. Sì, anche la sci-fi ha la sua dose di diversità. E spazio al romanticismo: sul tetto di casa, Gosling condivide una scena di intimità con Joi (l’attrice cubana Ana de Armas). Un remake della love story tra Ford e Sean Young, il replicante sperimentale Rachael? O un addio al jazz di La La Land a favore degli inseguimenti post-umani? Nel 2049, tuona ancora il dialogo tra il dr. Eldon Tyrell e il figliol prodigo (Rutger Hauer). “Siete stati fatti al meglio delle nostre possibilità” dirà il creatore. “Ma non per durare”, obiettava il replicante Roy Batty, dotato, come tutti gli androidi della serie Nexus 6, di soli quattro anni di vita. Quattro anni che sono diventati trentacinque.

 

Fonte: Repubblica.it

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