Manovra, portali contro la “tassa Airbnb”. Booking: “Inattuabile”

MILANO- La cosiddetta “tassa Airbnb” fa – prevedibilmente – storcere il naso ai grandi portali web. In audizione oggi alla Camera sono stati espressi i rilievi principali sulla norma, inserita nella manovra di correzione dei conti, che introduce la possibilità di optare per la cedolare secca anche per gli affitti brevi e l’obbligo per i portali di agire come sostituto di imposta per le prenotazioni online. Chiedendo cioè in anticipo ai proprietari di case le tasse da girare direttamente allo Stato. Un principio che “rischia di minare l’efficacia stessa della normativa”, ha spiegato Alessandro Tommasi, Public Policy manager di Airbnb. “Crediamo – ha sottolineato – che sarebbe auspicabile una profonda trasformazione tanto nella definizione, quanto nel meccanismo previsto”. Al contempo, visto che “una larghissima fetta di mercato è lontana dai portali online e dalla loro tracciabilità”, è necessario introdurre “un meccanismo che incentivi alla digitalizzazione, e quindi alla trasparenza, quanti rimangono nell’oscurità di transazioni”, ha spiegato Tommasi.

Airbnb ha quindi indicato un’altra via percorribile: “In circa 250 giurisdizioni del mondo, Airbnb raccoglie e versa automaticamente la tassa di soggiorno per conto dei suoi ospiti. Nel 2016, in Francia, abbiamo raccolto e versato 7,3 milioni di euro. Conversazioni sono attive in Italia con Firenze, Genova, Milano ed altre città.È un modello che ha dimostrato di funzionare molto bene e che semplifica la vita a chi affitta, chi viaggia e, cosa non di poco conto, alle amministrazioni. Crediamo che potrebbe essere questo lo schema di riferimento cui guardare e farlo attraverso un mandato all’Agenzia delle entrate” per arrivare “ad accordi con le piattaforme”.

Airbnb, ha spiegato, conta 300mila annunci in Italia, la maggior parte di chi affitta su Airbnb lo fa per meno di 60 notti all’anno per un guadagno complessivo di 395 milioni di euro. La maggioranza è rappresetata da donne tra i 30 e i 45 anni e l’86% degli utenti inserisce soltanto o 2 annunci. La quota dei multi-proprrietari è invece – ha ricordato la società – molto più ridotta: lo 0,02% degli utenti inserisce più di cento annunci ciascuno.

Un giudizio negativo che fa il pari con quello espresso da Booking, altro gigante delle prenotazioni che agisce invece da intermediario tra gli ospiti e strutture ricettive più strutturate, come alberghi, bed and breakfast e residence. “Gli obiettivi di lotta all’evasione sono condivisibili, ma quanto previsto non è concretamente attuabile”, spiegano i rappresentanti del portale online. In primo luogo perché “nella maggior parte dei casi gli ospiti pagano direttamente il proprietario dell’appartamento” e Booking non fa altro che “fornire una piattaforma che consente di metterli in contatto”. In secondo luogo perché la possibilità di agire come sostituto di imposta presuppone che il portale abbia in Italia una stabile organizzazione, cosa che Booking non ha. “I 250 dipendenti svolgono compiti limitati e ben precisi”, hanno sottolineato dalla società. “Sono i proprietari i responsabili della regolarità degli alloggi e degli obblighi fiscali”, hanno concluso.

 

Fonte: Repubblica.it

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