Da Floris a Orfeo, storia di Nik il Nero: l’ex camionista “iena” a 5Stelle

ROMA – La maglietta nera Fruit of the loom e il berretto verde militare ha dovuto lasciarli sul camion che guidava prima di sbarcare al Senato, Nik il Nero. L’autore del video contro il direttore del Tg1 Mario Orfeo – assunto dall’ufficio comunicazione di Palazzo Madama per chiamata diretta di Gianroberto Casaleggio ad aprile 2013 – è ormai costretto a indossare giacca e cravatta. Non ha cambiato i suoi modi ruvidi, però, come ha avuto modo di verificare Orfeo, pedinato per due giorni dal videomaker e da un altro dipendente dello staff M5S per le sue “colpevoli” scelte di scaletta.

Quella di Nicola Virzì, questo il vero nome di Nik il Nero, è la voce che si sente urlare in sottofondo quando Matteo Incerti sembra cedere davanti al silenzio del direttore del Tg1. Il videomaker ha inaugurato anni fa – ai tempi in cui era un semplice attivista – le interviste accusatorie ai giornalisti, dopo che la stampa osò parlare di “flop” per una manifestazione di Beppe Grillo contro l’inceneritore a Parma (Su Youtube se ne trovano ancora alcune, come quella del 2013 a Giovanni Floris, allora conduttore di Ballarò, considerato dipendente del “Pdmenoelle” – nella didascalia è scritto così – per aver mostrato un sondaggio non favorevole al Movimento). I cronisti di Bologna lo ricordano come colui che aizzava le assemblee dei meet up contro di loro gridando “vergogna vergogna” e invitando rudemente a stare al posto suo chi cercava di fare da paciere.

Ora che i sondaggi sono positivi e i salotti televisivi sempre aperti a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, lo stile non cambia. Eppure, quando Nik il Nero arrivò in Senato per occuparsi dei video degli eletti, le resistenze furono moltissime. Il codice di comportamento firmato dai parlamentari prevedeva che gli uffici di comunicazione – pagati con i soldi pubblici che Camera e Senato destinano ai gruppi – fossero scelti da Beppe Grillo in persona. Se ne occupò la Casaleggio. Impose il camionista-videomaker di Bologna. E le proteste di deputati come Giulia Sarti non portarono a nulla.

Sarti conosceva bene Nicola Virzì, che aveva passato gli ultimi anni a insultare e denigrare i “dissidenti” bolognesi – poi espulsi – Giovanni Favia e Federica Salsi. C’era stato un giro di mail pieno di attacchi che spaccò il meet up locale e di cui erano protagonisti Max Bugani (consigliere comunale e ora anche braccio destro di Davide Casaleggio nell’associazione Rousseau) insieme proprio a Virzì e alla moglie. Eppure, racconta Favia, “fui io a dare a Nik il numero di Beppe Grillo. Così come fui io a insegnargli come si usa una telecamera”.

La rottura avvenne quando lui e Defranceschi si rifiutarono di assumerlo in Regione, dicendo che non aveva i requisiti e respingendo le pressioni di Bugani (il consigliere comunale oggi dice: “Nessuna pressione, avevo solo chiesto di dargli una risposta per non lasciarlo in stand-by visto che doveva trovarsi un altro lavoro”). Fu quella la scintilla a provocare la guerra che ha dilaniato il Movimento in Emilia Romagna. Con operazioni di dossieraggio contro i “dissidenti” e documentazione puntualmente inviata a Genova e Milano.

Nik il nero prese a fare video-selfie alla guida del suo camion, conditi da “vaffa” e improperi nei confronti dei “nemici”. Poi video più articolati, con Favia rappresentato come Cetto la Qualunque e offeso in mille modi. Per questo, quando arrivò a Palazzo Madama, Giulia Sarti scrisse a Beppe Grillo chiedendogli di intervenire. Lui non le rispose. E il videomaker continuò in Senato quel che faceva prima, con filmati più “istituzionali” come quello della campagna anti-euro con Paola Taverna (rimosso perché aveva usato la musica di Ludovico Einaudi) e altri più d’attacco (per uno contro Repubblica rubò il sonoro allo spot della carta igienica Tenderly, che lo diffidò e lo costrinse a cancellarlo).

Ma nonostante Virzì goda della fiducia della Casaleggio Associati e di Beppe Grillo, non è di certo lui a decidere – “fuori dall’orario di lavoro”, come ha scritto il blog – chi inseguire e perché. La campagna #Orfeorispondi è una delle tante organizzata dai 5 stelle contro i giornalisti che, per un motivo o per l’altro, non vanno loro a genio. La loro struttura comunicativa funziona così, con continue “punizioni” a cronisti, direttori o editorialisti non allineati. Che sia un pedinamento, un post sul blog, un tweet che mette alla gogna. Lo stile di Nik il nero, per ora, è lo stile del Movimento. Nessuno ha preso le distanze dal video contro Orfeo. La fase “governista” comprende le comparsate nei talk show, ma non il rispetto del lavoro giornalistico. Almeno per ora.

 

Fonte: Repubblica.it

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